Forse anche voi, nelle vostre indagini, vi sarete accorti che cercare un registro di morte durante quell’anno diventa sensibilmente più difficile poiché il numero dei defunti triplica o addirittura quadruplica rispetto alla normalità, oppure molte persone “spariscono” per cambio di residenza e se ne perdono le tracce e le nostre ricerche si complicano un pochino.
Nel paese d’origine dei miei antenati paterni, in Abruzzo, e nelle zone circostanti, ho notato per esempio che il numero dei morti triplicò.
Non ci sono molte informazioni dettagliate su questo tema ma ho provato a fare un piccola ricerca e ho messo insieme i dati che, con un po’ di fatica, ho trovato qui e là.
Come antefatto c’è da sottolineare, prima di tutto, che la stagione agricola 1814-1815 si era conclusa con un raccolto cerealicolo decisamente inferiore alla media e cominciavano ad esserci seri problemi in tutta Europa.
Nel Novembre del 1815 cominciò a nevicare.
L’inverno fu rigido ed interminabile, tanto che il freddo eccezionale si protrasse fino al giugno dell’anno successivo, con nevicate persino in aprile e la primavera fu segnata da tempeste, da alluvioni straordinarie e da frequenti grandinate che bloccarono totalmente l’agricoltura.
Le campagne erano ridotte in miseria e la mancanza di biade, paglia, ghiande e addirittura delle erbe spontanee, provocò una vera e propria falcidia di pecore, capre e maiali.
Le scorte cerealicole andavano progressivamente terminando, facendo lievitare i prezzi del grano ovunque.
I regnanti di tutta Europa si trovarono del tutto impreparati a questo tragico fenomeno ed a nulla servirono i tardivi provvedimenti per arginare il problema.
I contadini, abituati già in condizioni di normalità a vivere alla giornata, videro diventare la loro situazione estremamente precaria.
La situazione, con l’arrivo del nuovo inverno dopo un estate “ inesistente”, come venne soprannominata, divenne drammatica.
All’epoca tutto ciò si ignorava ma le vere cause da cui dipesero questi improvvisi ed anomali problemi climatici, si celavano dall’altra parte del globo, nella lontana Indonesia.
Le polveri ed i gas scagliati nell’atmosfera per l’eruzione del vulcano Tambora nell’aprile 1815 (che aveva fatto sul posto decine di migliaia di vittime), alterarono la capacità delle nubi di assorbire e di riflettere la luce del sole e gli effetti sul clima di tutto il mondo furono catastrofici: negli Stati Uniti nevicò a giugno, in Cina si ebbero piogge senza tregua, in India si registrò un’alterazione drammatica del ciclo monsonico.
Tutto questo causò carestia, miseria e malattie in tutto il mondo.
Cominciò quindi la famosa carestia del 1817 e la popolazione cominciò a morire di fame.
I più abbienti, per poter mangiare, vendettero case e terreni sottoprezzo agli speculatori e tra la popolazione si registrarono ovunque furti e crimini pur di sopravvivere.
La situazione diventò particolarmente allarmante sotto l’aspetto demografico.
Se date un’occhiata al quantitativo dei registri di morte delle località in cui risiedevano i vostri antenati, molto probabilmente noterete che, proprio nel 1817, quei paesi stabilirono il loro primato di decessi nel loro andamento demografico dell’800.
In alcune zone, insieme alla carestia ed alla morte, arrivarono conseguentemente anche le epidemie di tifo, dovute all’improvviso aumento dei cadaveri, ed alle problematiche per le loro inumazioni, che vennero organizzate spesso in fosse comuni, per l’ingolfamento dei piccoli cimiteri parrocchiali, che non erano preparati per un’improvvisa calamità di tale entità.
Guardate cosa avvenne a causa del tifo, nel 1817, nella città di Castel San Giovanni (in provincia di Piacenza), il paese dei miei antenati materni:
